Il Comitato 3 ottobre, insieme al Comune di Lampedusa e Linosa e a First Social Life, è stato promotore della nascita del “Museo della fiducia e del dialogo per il Mediterraneo” a Lampedusa. Il Museo è stato inaugurato nel 2016 dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e, ad oggi, ha accolto più di 40 mila visitatori.
Il Museo ha l’obiettivo di concorrere, attraverso azioni condivise, alla realizzazione di iniziative in grado di coinvolgere le principali realtà culturali del Mediterraneo e al tempo stesso di diffondere un messaggio di solidarietà e inclusione. Il museo custodisce la memoria dell’isola di Lampedusa e racconta storie di persone migranti e del naufragio del 3 ottobre 2013. Il Museo è suddiviso in due aree.
Al piano terra si trova lo spazio “Archeologico” dove sono esposti alcuni preziosi reperti, testimonianze del periodo romano ed etrusco. Al primo piano c’è l’area delle “Migrazioni”, dove oltre ai “frammenti” di viaggi e traversate è stata allestita una camera multimediale che permette di “rivivere” i momenti del naufragio del 2013 nel quale morirono 368 persone. L’organizzazione e la gestione del primo piano è affidata al Comitato 3 ottobre e all’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra.
La prima mostra è stata organizzata in collaborazione con gli Uffizi di Firenze e il Bardo di Tunisi che hanno messo a disposizione diverse opere tra cui “L’amorino dormiente” di Caravaggio per ricordare il piccolo Aylan, bimbo curdo di 3 anni fotografato morto su una spiaggia turca nel tentativo di raggiungere la Grecia. In forma permanente sono esposte dal 2020 la mostra fotografica “Frontiere” e la mostra “Oltre quel confine è la mia casa”.
Il 3 ottobre 2022 il Museo, nella sua parte dedicata alle migrazioni, viene visitato dal Presidente della Camera dei deputati Roberto Fico, accompagnato dallo staff del Comitato 3 ottobre che ne illustra le opere e le diverse aree.
Fotografie (scattate) dai rifugiati Rohingya
Nell’agosto 2017 l’esercito del Myanmar condusse una violenta campagna militare contro i Rohingya della regione nord-occidentale del paese. L’esercito spinse centinaia di migliaia di Rohingya verso il confine con il Bangladesh via terra e via mare, seminando migliaia di vittime durante l’operazione. Circa 800.000 Rohingya si ritrovarono senza una casa e un riparo. I nuovi arrivati costruirono instabili capanne di bambù e tela cerata lungo tutta l’estremità sud-orientale del Bangladesh. Queste aree furono poi soprannominate “campi”. A volte sorgevano a uno o due chilometri di distanza dal confine con il Myanmar.
Questa serie di fotografie scattate dai rifugiati Rohingya è molto lontana dalle rappresentazioni che solitamente vengono trasmesse dai media in Bangladesh. Le fotografie diffuse dai mezzi di informazione, infatti, sminuiscono la complessità della vita dei rifugiati e sottolineano di proposito una serie di aspetti negativi. Si evince un costante tentativo di attribuire ai Rohingya caratteristiche ostili, suggerendo, in maniera più o meno esplicita, il loro essere un sgraditi e un peso a livello sociale. Nell’arco dei 4/5 anni trascorsi dal 2017, si è delineata una narrativa decisamente ostile che ha ben poco a che fare con la vita reale dei rifugiati che popolano quell’area. In poche parole, l’immaginario predominante diffuso dai media sui Rohingya in Bangladesh alimenta politiche d’odio e di esclusione.
Queste fotografie scattate dal basso offrono a chi le guarda un piccolo scorcio del grande quadro della vita dei rifugiati. Non si tratta soltanto di fotografia documentaristica o di reportage, bensì del trionfo di una comunità contro il lavoro di odio condotto dai media. È una dichiarazione di resistenza.
Mostra a cura di Shafiur Rahman è un giornalista e regista di documentari. Si occupa dei Rohingya dal 2016. I suoi lavori sono stati trasmessi su diversi canali, tra cui CNN e BBC. È fondatore del Concorso di Fotografia Rohingya che si tiene ogni anno e curatore del Rohingya Zine, Doc Sabba. I suoi articoli sul tema sono apparsi sul The Guardian, The Washington Post, Vice e in altre testate e riviste.
Il Comitato 3 Ottobre ha inaugurato il 30 Settembre 2020 presso il Museo per la Fiducia e il Dialogo per il Mediterraneo a Lampedusa, isola simbolo della frontiera, la mostra fotografica FRONTIERE.
FRONTIERE è frutto della collaborazione fra Il Comitato 3 Ottobre e sei fotografi di fama internazionale: Alessandro Penso, Olivier Jobard, Santi Palacios, Olmo Calvo Rodriguez, Jacob Ehrban, Sara Prestianni. Le fotografie accendono un riflettore sul viaggio di migliaia di uomini, donne e bambini in fuga, nel mondo. Dalla Turchia al Niger, dalla Libia a Calais, dal Golfo dell’Aden a Melilla fino all’erranza del popolo Rohingya. I visitatori potranno vedere le storie di persone fuggite perché minacciate da guerre, distruzioni, conflitti etnici o religiosi, discriminazioni, instabilità o carestie. Dietro ciascuna immagine c’è sempre una storia unica. Una storia di sofferenza e fragilità, coraggio e resilienza, che i fotografi hanno testimoniato attraverso scatti unici.