21 marzo: giornata mondiale contro qualsiasi forma di razzismo e di discriminazione
La giornata del 21 marzo è stata istituita dall’ONU in ricordo della strage di Sharpeville, in Sud Africa, quando il 21 marzo 1960 la polizia aprì il fuoco su una manifestazione pacifica contro il regime di apartheid. Una giornata che vuole reclamare il rispetto dei valori della nostra Costituzione, sanciti anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che stigmatizzano ogni forma di discriminazione e razzismo. L'articolo 3 della Costituzione italiana dichiara che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Ma è davvero così?
Migliaia di individui fuggono dalle proprie terre natali in cerca di vita migliore, e si trovano di fronte a frontiere invalicabili e a politiche migratorie spietate. Nel tentativo disperato di raggiungere terre che promettono diritti umani fondamentali, vengono accolti con crudeltà e violenze ai confini dell'Europa, mentre il mondo assiste in silenzio o, peggio ancora, chiude gli occhi. Le tragedie che si consumano nelle rotte migratorie non sono solo statistiche, non contano “numeri”: sono vite spezzate, sogni infranti e famiglie distrutte. Il Mediterraneo, luogo di vita e civiltà, crocevia di culture e religioni, si è trasformato in un cimitero senza tombe e senza nomi.
Quando le persone migranti riescono a raggiungere l’Europa dei diritti, si trovano di fronte a un sistema che li classifica come cittadini di serie B, senza diritti senza dignità.
Mentre nel 2024 il Comune di Carmagnola utilizza l'analisi del DNA delle feci dei cani per multarne i proprietari, molte vite umane rimangono senza nome e senza giustizia. La discriminazione a cui sono sottoposte le persone migranti continua però anche da morti. La maggior parte di loro, deceduti durante i naufragi del Mediterraneo o lungo le tante frontiere che portano in Europa, verranno accolti – nella maggior parte dei casi - in un tumulo di terra con una lapide anonima o più frequentemente con un cartellino che riporta un numero identificativo. Il mancato riconoscimento dei cadaveri delle persone migranti non è soltanto un atto di discriminazione e di dis-umanità, ma lede un principio fondamentale della nostra cultura giuridica: il rispetto della dignità dei defunti. Siamo consapevoli che Il tema della tutela post mortem sia delicato dal punto di vista giuridico. Si dice, infatti, “i morti non hanno diritti”, poiché è noto che la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita (art.1 Codice Civile), ma è innegabile che l’assenza di identificazione del corpo potrebbe ledere alcune volontà espresse dalle persone migranti in vita. Va ricordato, inoltre, che l’identificazione del cadavere è il presupposto per garantire il diritto a scegliere il luogo di sepoltura, secondo un determinato rito religioso (il cosiddetto “diritto al sepolcro primario”). A livello sovranazionale, inoltre il principio dell’identificazione e della degna sepoltura è sancito, dalla Convezione sui diritti umani e della biomedicina. Sul tema la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha affermato chiaramente che la Convenzione prevede il rispetto della «dignità, identità e integrità di
tutte le persone, siano esse vive o morte». A livello nazionale, l’obbligo di rispettare la dignità dei morti si evince dal Capo II del Titolo IV del Codice penale, significativamente intitolato “Dei delitti contro la pietas dei defunti”, che individua nella dignità dei morti, il bene giuridico oggetto di protezione. Da ultimo, non si può non richiamare la nostra Costituzione, la quale richiama la dignità in tre disposizioni (l’art. 3, l’art. 36 e l’art. 41). La tutela della dignità umana è dunque un obbligo espresso in numerose norme del nostro ordinamento, anche di rango costituzionale, e certamente “non può spegnersi con la morte”. Se questo principio viene prontamente rispettato per noi cittadini europei, per le persone migranti rimane – ad oggi – un’utopia.
In questo giorno di riflessione, chiediamo a tutti di unirsi alla lotta contro la discriminazione in tutte le sue forme.
Chiediamo ai governi di rispettare i diritti umani fondamentali e di adottare politiche migratorie più umane ed inclusive.