Protect People Not Borders: la situazione nel Mediterraneo

Proteggere le persone o difendere i confini? 

La risposta per noi del Comitato 3 ottobre lascia poco spazio all’incertezza: da tempo – ed ora con crescente intensità – la politica migratoria dell’Italia, anche in sintonia con altri Paesi, vede prevalere la dimensione securitaria.

L’idea di fondo che sostiene questo approccio è che le migrazioni costituiscono soprattutto una emergenza di ordine pubblico da fronteggiare con strumenti di eccezione. Si tratta di una lettura semplificata della realtà che trascura – o peggio rimuove-  tanto la dimensione epocale del fenomeno che la molteplicità delle sue cause.  Si pensi ai flussi migratori che dall’Africa attraverso il mar Mediterraneo raggiungono l’Europa. Riesce davvero difficile ignorare la correlazione esistente tra tali flussi ed il primato che il continente a noi più vicino detiene in tema di conflitti armati, fragilità democratiche, crisi climatiche, povertà, ineguaglianze, deficit di nutrizione ed assistenza sanitaria. Ed è altrettanto ragionevole pensare che l’intervento su questi fattori endemici esige un enorme impegno: politiche lungimiranti di inclusione, rapporti equi tra nord e sud – ed ovest ed est – del mondo, strategie di breve, medio e lungo periodo.

Ma, se questa complessità viene accantonata e se della migrazione viene messo a fuoco unicamente l’arrivo – quasi sempre con modalità caotiche – di moltitudini di persone di cultura, lingua, religione, condizione sociale ed economica diverse, la difesa dei confini nazionali finisce per diventare una sorta di trincea: l’imperativo prioritario, è quello di opporsi al pericolo di “invasione”. I costi di questa risposta si rivelano già molto alti. Così si persegue l’obiettivo di trattenere le persone migranti al di fuori delle (e lontano dalle) frontiere dell’Unione europea, stipulando accordi con Paesi terzi di dubbia o nulla affidabilità. Senonché, oltre alla discutibile legittimità di tali accordi, è un fatto che la loro applicazione provoca conclamate e massicce violazioni del diritto alla vita, alla integrità fisica e morale, alla libertà ed alla dignità delle persone migranti.

Altrettanto preoccupante è la progressiva severità della disciplina riservata alle Ong che si dedicano alle operazioni di “search and rescue” nel Mediterraneo. Caricaturalmente descritte come taxi del mare, la loro azione viene non poco ridotta da vincoli di vario genere. Peraltro tanto il numero delle persone migranti che attraversano il mare come quello di coloro che vi muoiono continuano ad aumentare drammaticamente, trovando così smentita la facile rappresentazione delle Ong quale pull factor (fattore di attrazione) della migrazione. Rimane senza risposta la domanda di quante vite esse potrebbero salvare se fosse loro consentito di operare in una cornice normativa più attenta al destino delle persone.

LE ROTTE

Mediterraneo Centrale

La rotta dal Nord Africa è il corridoio principale del Mediterraneo centrale, in direzione dell’Italia e, in misura minore, di Malta.

Mediterraneo Occidentale

Tra Nord Africa e Spagna. Da Marocco e Algeria attraverso lo Stretto di Gibilterra e il Mare di Alborán o via terra dal Marocco alle città autonome spagnole di Ceuta e Melilla.

Mediterraneo Orientale

Dalla Turchia verso Grecia e, in misura minore, Cipro e Bulgaria.

LE MISSIONI NEL MEDITERRANEO

Nell’ottobre 2013, il governo italiano ha lanciato l’operazione Mare Nostrum, destinata al salvataggio in mare delle persone migranti che cercavano di attraversare il Canale di Sicilia salpando dalle coste libiche per raggiungere il territorio italiano e maltese.

Il 31 ottobre 2014, dopo 12 mesi, Mare Nostrum venne sostituita dall’operazione Triton, una vasta missione, questa volta a guida europea, che puntò sul controllo delle frontiere a guida di Frontex. Collaterale fu l’operazione Sophia, avviata nel 2015 fu prorogata sino al 2020 dai Paesi Ue. Il soccorso alle persone migranti non fu tra i suoi obiettivi prioritari. Si trattò di un’operazione ritenuta strategica per il controllo del Mediterraneo, e soprattutto per il monitoraggio dei traffici dalla Libia.

Nel 2017 iniziò l’operazione INDALO che riguardò il controllo e la sorveglianza delle frontiere marittime europee, in particolare di tutte le attività che si svolgono lungo la rotta del Mediterraneo occidentale. Rifinanziata con il nome INDALO 2022 A Triton subentrò nel 2018 una nuova missione di Frontex, Themis, che oltre all’attività di search and rescue pose un’attenzione “rafforzata” sugli aspetti più strettamente di polizia e d’intelligence. La novità fu quella di aver ribadito che le persone migranti sarebbero dovute sbarcare nel porto più vicino al punto di soccorso. Nel 2020 iniziò la missione IRINI erede della precedente missione Sophia, sempre a guida italiana che ebbe come obiettivo principale far rispettare l’embargo delle Nazioni Unite sull’invio di armi al Governo di alleanza nazionale di Tripoli (provenienti dalla Turchia) e alle truppe di Haftar a Bengasi (da Egitto ed Emirati).

I MURI IN EUROPA

Il muro è una barriera, eretta per volontà di una sola parte, per tenere al di fuori gli altri. I muri che sono stati costruiti negli ultimi anni, non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti o in altre parti del mondo, sono in prevalenza dei muri che sanciscono la divisione non tra Est e Ovest, bensì tra Nord e Sud del mondo, tra aree sviluppate e aree problematiche.

ESTERNALIZZAZIONE DELLE FRONTIERE

Accordi, formali o informali, che “spostano”, “esternalizzano” le nostre frontiere allo scopo di bloccare lì le persone, affidando questo compito a Paesi “esterni”.

Sono numerosi gli accordi che nel corso degli ultimi anni sono stati stipulati anche se, nella maggior parte dei casi, è difficile avere conoscenza effettiva sia del numero preciso che del loro contenuto.

Simili pratiche riguardano non soltanto la rotta del Mediterraneo ma anche la rotta balcanica, attraversata da persone per la maggior parte provenienti da Siria, Afghanistan, Iraq, Iran, Pakistan e Bangladesh, che compiono il tentativo di raggiungere l’Europa via terra.

L’accordo tra Unione europea e Turchia

L’aumento del numero delle persone che nel 2015 cercavano di raggiungere l’Europa, e in particolare la Grecia, attraverso la Turchia, ha portato l’Unione europea a stipulare un accordo con questo Stato.

L’accordo del 18 marzo 2016 prevede principalmente che:

  1. tutti i nuovi migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche a decorrere dal 20 marzo 2016 saranno rimpatriati in Turchia. I migranti che non faranno domanda d'asilo o la cui domanda sia ritenuta infondata o non ammissibile ai sensi della suddetta direttiva saranno rimpatriati in Turchia;
  2. per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia all'UE. La priorità sarà accordata ai migranti che precedentemente non siano entrati o non abbiano tentato di entrare nell'UE in modo irregolare;
  3. la Turchia adotterà qualsiasi misura necessaria per evitare nuove rotte marittime o terrestri di migrazione irregolare dalla Turchia all'UE e collaborerà con i Paesi vicini nonché con l'UE stessa a tale scopo.

Accordo tra Italia e Libia

L’anno successivo all’accordo UE-Turchia, il Governo italiano decide di stipulare un accordo con il Governo di Tripoli, denominato Memorandum d’intesa.

Nonostante il Governo italiano fosse pienamente a conoscenza delle gravi violazioni a cui erano sottoposti in Libia rifugiati e migranti, decide di siglare un nuovo accordo con il Paese, dopo il “Trattato di Amicizia” del 2008, dal valore di 5 miliardi di dollari.

Per cercare di contrastare la rotta del Mediterraneo, l’Italia rinnova i propri rapporti in tema di migrazioni, con un Paese, la Libia, che non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e non ha, pertanto, una normativa a tutela di migranti, richiedenti asilo e rifugiati.

Con questo accordo, mascherato da intenti volti alla cooperazione allo sviluppo in Libia, l’Italia delega il Paese nord africano a contrastare e bloccare le partenze via mare sulle proprie coste.

Il Memorandum prevede vari impegni per l’Italia:

  1. fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l'immigrazione irregolare, in particolare alla guardia di frontiera e alla guardia costiera del Ministero della Difesa, e agli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell'Interno;
  2. finanziamento dei centri di accoglienza, che il Memorandum definisce tali, ma che sono solo e soltanto centri di detenzione per migranti;
  3. formazione del personale libico all’interno dei centri di detenzione.

In altre parole, l’Italia si impegna a fornire mezzi e supporto tecnico (motovedette e altri strumenti tecnologici) alla guardia costiera libica, a finanziare i centri di detenzione per migranti (chiamati nel Memorandum “centri di accoglienza”), a formare il personale sia della guardia costiera che dei centri di detenzione.

Gli accordi di riammissione stipulati dall’Italia

  • Albania 03/12/2008 (Implementazione di accordi europei)
  • Algeria 22/07/2009 (Accordi di polizia)
  • Libia 02/02/2017 (Memorandum d’intesa)
  • Marocco 27/07/1998 (Accordo)
  • Tunisia 09/02/2017 (Accordo quadro)
  • Egitto Accordo di polizia firmato il 18/06/2000 ed entrato in vigore 09/01/2007
  • Turchia 09/02/2001 (Accordi di polizia)
  • Ghana 08/02/2010 (Memorandum d’intesa)
  • Niger 09/02/2010 (Memorandum d’intesa)
  • Nigeria 12/06/2011 (Memorandum d’intesa)
  • Senegal 28/07/2010 (Memorandum d’intesa)
  • Sudan 03/08/2016 (Memorandum d’intesa)
  • Gambia 29/07/2010 (Accordi tra polizie)
  • India 21/01/2000 (Accordi tra polizie)
  • Pakistan 03/2000 (Accordo)
  • Filippine 28/02/2004 (Accordo)

Gli accordi europei

Tra gli accordi europei (EURA: EU Readmission Agreements) si segnalano quello con l’Albania (1/5/2006), Capo Verde (1/12/2014), Pakistan (1/12/2010), Turchia (1/10/2014).

LE LEGGI

Legge Bossi-Fini (Legge 189/2002)

La legge Bossi – Fini modifica in modo rilevante la Turco-Napolitano in senso restrittivo. Prolunga la permanenza nei Cpt (Centri di Permanenza Temporanea) da 30 a 60 giorni e prevede l’uso dei militari per il contrasto al traffico di migranti. L’identificazione all’arrivo avviene tramite impronte digitali ed è consentito l’ingresso solo a chi ha un contratto di lavoro. Chi lo perde e non ha, dunque, modo di rinnovare il titolo di soggiorno viene espulso”.

Legge Minniti-Orlando (2017)

Dà avvio a un periodo di diversi decreti legge emanati in via d’urgenza in materia di immigrazione e protezione internazionale. Vengono istituite presso i Tribunali di capoluogo 26 sezioni specializzate in materia d’immigrazione, viene eliminato un grado di appello in materia di asilo e previste procedure più snelle per il riconoscimento della protezione internazionale e dell’espulsione degli irregolari. Prevede l’aumento del numero dei CPR (Centri di permanenza e rimpatrio) su tutto il territorio nazionale. Le norme in questione, però, non si applicano ai minori non accompagnati, per i quali è stata approvata una distinta disciplina (legge n. 47 del 2017). Arriva nel 2017 il Memorandum Italia – Libia, accordo triennale (poi rinnovato) con il quale l’Italia s’impegna a fornire supporto tecnico, risorse e formazione alla Guardia costiera libica per bloccare l’immigrazione e al governo di Serraj per migliorare le condizioni di quelli che nell’accordo vengono definiti centri di accoglienza. I finanziamenti italiani si aggiungono a quelli europei. Nei mesi successivi viene imposto alle Ong che effettuano salvataggi in mare un Codice di condotta.

Decreti Salvini (2018-2019)

Arriva un’ulteriore stretta. I cosiddetti Decreti Sicurezza (decreti legge 113/2018 e 53/2019, convertiti nelle leggi 132/2018 e 77/2019) hanno l’obiettivo dichiarato di fermare l’immigrazione e riscrivere le norme per il rilascio del permesso di soggiorno. Il titolo per motivi umanitari viene sostituito con uno più restrittivo per “protezione speciale”, al quale si aggiungono permessi di breve durata e quasi tutti non convertibili: salute, calamità nel Paese di provenienza e atti di valore civile. Aumentano notevolmente i casi di procedure accelerate delle domande di asilo (introdotte con il decreto legge 142/2015) che vengono decise in pochi giorni. Ha introdotto il concetto di “paese di origine sicuro”.

Si ampliano poi i Centri di accoglienza straordinaria (Cas) affidati alle Prefetture, e confermata la volontà di ampliare il numero dei Cpr. Viene smantellato il sistema Sprar di seconda accoglienza sostituito con il Siproimi, destinato esclusivamente a rifugiati già riconosciuti e minori non accompagnati. I finanziamenti per l’accoglienza vengono tagliati di netto. Il decreto legge n. 53/2019 contiene invece disposizioni altrettanto restrittive in materia di contrasto all’immigrazione illegale e ordine pubblico, nonché di limitazioni alle navi delle ong che hanno effettuato operazioni di salvataggio in mare.

Decreto Lamorgese (2020)

I Decreti Salvini vengono almeno in parte smantellati. Il Decreto legge n 130/2020, convertito nella Legge n 173/2020, amplia la portata del permesso di soggiorno per “protezione speciale” sia nella durata che nella possibilità di conversione, che nel contenuto, introducendo il divieto di espulsione in caso di violazione del diritto alla vita privata o familiare della persona. Il testo aumenta anche la possibilità di conversione di permessi di soggiorno, trasforma il Siproimi in Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) con servizi aggiuntivi finalizzati all’integrazione e possibilità di accoglienza anche dei richiedenti asilo. Limita, infine, le sanzioni amministrative per le Ong che soccorrono i migranti in mare.

Decreto Meloni (Decreto Legge 1/2023)

Decreto legge 20/2023, convertito in legge n. 50/2023, emanato in Calabria a seguito del naufragio avvenuto sulle coste di Cutro. Il Decreto Legge ha di fatto eliminato le modifiche apportate nel 2020 in materia di protezione speciale, sia in termini di durata che di conversione, eliminando le ipotesi di divieto di espulsione e, conseguentemente, le possibilità di rilascio del relativo permesso di soggiorno nei casi di violazione del diritto alla vita privata e familiare della persona. Ha aumentato le ipotesi di esame delle domande di protezione internazionale con la procedura accelerata e direttamente nei luoghi di frontiera. Ha introdotto un nuovo reato chiamato “morte o lesioni” come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina. Ha introdotto la possibilità di commissariare la gestione dei CPR (centri di permanenza per i rimpatri), realizzando un Cpr in ogni Regione.