Ad un anno dal naufragio di Cutro non esiste ancora un sistema per identificare le vittime e sei di loro restano senza un nome

Un anno fa durante il naufragio di Steccato di Cutro persero la vita 94 persone, di queste 6 non sono mai state identificate. Di loro rimarrà solo una sigla:

KR76F6 - KR78M35 - KR79M28 - KR82M8 - KR85F5 - KR86M35

Dove KR sta per Crotone (luogo del ritrovamento) - N° = progressivo di rinvenimento - M/F sesso - Ultimo n° età presunta.

Come Comitato 3 ottobre lottiamo da dieci anni affinché l'identificazione e il riconoscimento diventino un diritto inalienabile di ogni essere umano. Diritto che oggettivo che tutela la dignità della persona, come già previsto dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione europea dei diritti umani. Riconoscere e dare un nome a chi muore nell'attraversare il Mediterraneo è un atto di umanità che permette alle famiglie di riavere i corpi, dar loro degna sepoltura e piangerli degnamente uscendo dal limbo angoscioso di chi non conosce la sorte di un proprio congiunto.

Dopo un anno nel “Nostro Mare” nulla è cambiato. Altre 2.947 persone hanno perso la vita e si stima che di queste il 60% rimarrà priva di un’identità. Se dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013 venne istituita l’operazione navale Mare Nostrum destinata al salvataggio in mare delle persone migranti e che si stima abbia salvato 100.000 persone (dati Viminale), dopo il naufragio di Steccato di Cutro è stato, invece, emanato il Decreto legge 20/2023, convertito in legge n. 50/2023, noto come decreto Cutro che di fatto ha eliminato le modifiche apportate nel 2020 in materia di protezione speciale, sia in termini di durata che di conversione. Ha introdotto un nuovo reato chiamato “morte o lesioni” come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina. Ha introdotto la possibilità di commissariare la gestione dei CPR (centri di permanenza per i rimpatri), realizzando un Cpr in ogni Regione e di fatto ha reso più difficile le operazioni di ricerca e soccorso da parte delle flotte civili.

Quindi, cosa è cambiato? E’ cambiato che dieci anni fa le istituzioni dissero a gran voce “Mai più!” Oggi, ogni operazione di soccorso è stata archiviata e sostituita con missioni che hanno come principale obiettivo il controllo delle frontiere. Dieci anni dopo è iniziata la “guerra” alle Ong.

Come Comitato 3 ottobre abbiamo sempre denunciato questo atteggiamento di complice indifferenza, se non di vera e propria criminalizzazione di chi si mette in viaggio in cerca di una vita migliore. Continuiamo a chiedere che il soccorso in mare non sia preoccupazione e prerogativa esclusiva di organizzazioni non governative, ma diventi responsabilità condivisa di tutti gli Stati. Continueremo a batterci affinché tutte le vittime dei naufragi siano identificate perché i naufragi in questi anni hanno determinato troppi, tanti, fantasmi che vorremmo ridiventassero persone. Si tratta di un diritto fondamentale per i morti, ma soprattutto per i vivi. Vorremmo che queste perdite fossero considerate come nostre. Nessuno di noi, infatti, accetterebbe uno sbrigativo “Disperso o non identificato” accanto al nome di un nostro caro. Occuparsi dei morti significa alleviare il dolore dei vivi, un dolore che è uguale per tutta l’umanità. L’umanità, appunto.

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COMITATO 3 OTTOBRE

Il Comitato 3 ottobre è un’organizzazione senza scopo di lucro cha ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi dell’integrazione e dell’accoglienza attraverso il dialogo con cittadini, studenti e istituzioni. www.comitatoreottobre.it